I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni Capitolo XVII.

Cartina dell'Italia

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I PROMESSI SPOSI di Alessandro Manzoni - CAPITOLO XVII

Quell'Agnese, che l'aveva scelto, che l'aveva già considerato come una cosa sola con la sua unica figlia, e prima di ricever da lui il I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni Capitolo XVII di madre, n'aveva preso il linguaggio e il cuore, e dimostrata co' fatti la premura. Ma era un dolore di piú, e non il meno pungente, quel pensiero, che, in grazia appunto di cosí amorevoli intenzioni, di tanto bene che voleva a lui, la povera donna si trovava ora snidata, quasi raminga, incerta dell'avvenire, e raccoglieva guai e travagli da quelle cose appunto da cui aveva sperato il riposo e la giocondità degli ultimi suoi anni. Che notte, povero Renzo! Quella che doveva esser la quinta delle sue nozze! Che stanza! Che letto matrimoniale! E dopo qual giornata! E per arrivare a qual domani, a qual serie di giorni! «Quel che Dio vuole, - rispondeva ai pensieri che gli davan piú noia: - quel che Dio vuole. Lui sa quel che fa: c'è anche per noi. Vada tutto in isconto de' miei peccati. Lucia è tanto buona! non vorrà poi farla patire un pezzo, un pezzo, un pezzo!» Tra questi pensieri, e disperando ormai d'attaccar sonno, e facendosegli il freddo sentir sempre piú, a segno ch'era costretto ogni tanto a tremare e a battere i denti, sospirava la venuta del giorno, e misurava con impazienza il lento scorrer dell'ore. Dico misurava, perché, ogni mezz'ora, sentiva in quel vasto silenzio, rimbombare i tocchi d'un orologio: m'immagino che dovesse esser quello di Trezzo. E la prima volta che gli ferí gli orecchi quello scocco, cosí inaspettato, senza che potesse avere alcuna idea del luogo donde venisse, gli fece un senso misterioso e solenne, come d'un avvertimento che venisse da persona non vista, con una voce sconosciuta. Quando finalmente quel martello ebbe battuto undici tocchi, ch'era l'ora disegnata da Renzo per levarsi, s'alzò mezzo intirizzito, si mise inginocchioni, disse, e con piú fervore del solito, le divozioni della mattina, si rizzò, si stirò in lungo e in largo, scosse la vita e le spalle, come per mettere insieme tutte le membra, che ognuno pareva che facesse da sé, soffiò in una mano, poi nell'altra, se le stropicciò, aprí l'uscio della capanna; e, per la prima cosa, diede un'occhiata in qua e in là, per veder se c'era nessuno. E non vedendo nessuno, cercò con l'occhio il sentiero della sera avanti; lo riconobbe subito, e prese per quello. Il cielo prometteva una bella giornata: la luna, in un canto, pallida e senza raggio, pure spiccava nel campo immenso d'un bigio ceruleo, che, giú giú verso l'oriente, s'andava sfumando leggermente in un giallo roseo. Piú giú, all'orizzonte, si stendevano, a lunghe falde ineguali, poche nuvole, tra l'azzurro e il bruno, le piú basse orlate al di sotto d'una striscia quasi di fuoco, che di mano in mano si faceva piú viva e tagliente: da mezzogiorno, altre nuvole ravvolte insieme, leggieri e soffici, per dir cosí, s'andavan lumeggiando di mille colori senza nome: quel cielo di Lombardia, cosí bello quand'è bello, cosí splendido, cosí in pace. Se Renzo si fosse trovato lí andando a spasso, certo avrebbe guardato in su, e ammirato quell'albeggiare cosí diverso da quello ch'era solito vedere ne' suoi monti; ma badava alla sua strada, e camminava a passi lunghi, per riscaldarsi, e per arrivar presto. Passa i campi, passa la sodaglia, passa le macchie, attraversa il bosco, guardando in qua e in là, e ridendo e vergognandosi ... continua a leggere ... n

19 Lug. 2025 5:58:55 am

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